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Tutto pronto per il debutto di “Sperduti nel buio” diretto da Elio Gimbo

Tutto pronto per il debutto di “Sperduti nel buio” diretto da Elio Gimbo

07.03.2018.

Catania – Si avvicina il debutto, alla Sala Giuseppe Di Martino di Catania, in via Caronda 82, per la nuova produzione del Centro Teatrale Fabbricateatro, “Sperduti nel buio” (‘ntra lustru e scuru)- Viaggio nell’inferno di Catania da Nino Martoglio a Pippo Fava, drammaturgia di Nino Bellia e regia di Elio Gimbo. L’atteso debutto è previsto per venerdì 9 Marzo 2018, alle ore 21.00.

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Lo spettacolo vedrà in scena la Marionettistica Fratelli Napoli (Davide Napoli – Diavolo e Peppenino, Marco Napoli e Dario Napoli – manianti e Fiorenzo Napoli – parraturi), Cosimo Coltraro (Don Procopio ‘Mballaccheri), Giuseppe Carbone (Nino Martoglio e Pippo Fava), Cinzia Caminiti e Sabrina Tellico (Cicca Stonchiti). Organizzazione Daniele Scalia, filmati di Gianni Nicotra, scene di Bernardo Perrone.

Una pièce dalle tante sfaccettature e che parla di Catania e dei catanesi, partendo dall’autore, scrittore e giornalista Nino Martoglio con alcuni dei personaggi più rappresentativi della sua produzione (Don Procopio ‘Mballaccheri e Cicca Stonchiti) supportati da Peppenino, simbolo comico dell’Opra dei pupi catanese ed incrociando anche la figura di un altro grande cronista e testimone delle complessità della città etnea come Pippo Fava.Programma di sala fabbricateatro sperduti nel buio stampa

“In questo lavoro – spiega il regista Elio Gimbo – siamo partiti da una immagine: Nino Martoglio nel fondo della tromba dell’ascensore in cui qualcuno vigliaccamente lo ha appena spinto, si risveglia in un “mondo di sotto” in preda ad un’amnesia, qui viene accolto da don Procopio e Cicca Stonchiti, i figli più emblematici del suo teatro, veri e propri personaggi-bandiera, creature poetiche scaturite da un sottoproletariato cittadino incapace, allora come oggi, di farsi carico di un riscatto storico e politico all’interno dell’assetto sociale esistente. Insieme a loro c’è Peppenino, maschera comica dell’Opra dei pupi catanese ed omologo dei primi due nell’universo teatrale della Marionettistica dei Fratelli Napoli. Questo insolito terzetto avrà il compito di accompagnare l’autore in un viaggio nell’Inferno di Catania alla ricerca della propria memoria smarrita. Incontreranno anime di persone e di luoghi, fantasmi immateriali fatti di luce e ombra ed alla fine del percorso Nino Martoglio, riprendendosi la memoria, si trasfigurerà in un Pippo Fava intrappolato nello stesso Inferno.

Martoglio e Fava, Nino e Pippo, bandiere di questa città: fari che qualcuno si incarica, puntualmente, di spegnere. Fiori dentro l’inferno. Ma chi si riconoscerebbe, come i miei compagni e me, in una siffatta “piccola tradizione” teatrale, non si sa quanto scelta o inventata? Chi siamo noi che per primi tracciamo un sentiero? Coloro che coltivano fiori dentro l’inferno illudendosi di profumarlo? Ciò che vogliamo da questo spettacolo è eresia o superstizione? Ancora enigmi alla ricerca della loro Sfinge: lo spettacolo”.

“Il 15 settembre 1921 Nino Martoglio – aggiunge Daniele Scalia, presidente di Fabbricateatro – muore tragicamente precipitando nella tromba dell’ascensore dell’appena ultimato Ospedale Vittorio Emanuele. Scrittore di teatro, poeta, regista e giornalista, nella rivista D’Artagnan aveva esercitato una satira pungente contro il malaffare diffuso nella classe politica catanese del tempo. Circolava e circola la voce che questo incidente fosse stato simulato da chi non gradiva questa sua voce contro corrente. Da questa tragica fine, esplicitamente associata a quella di Pippo Fava, l’autore Nino Bellia e il regista Elio Gimbo hanno sviluppato una scrittura tragicomica. Due noti personaggi martogliani, Don Procopiu ‘Mballaccheri e Cicca Stonchiti rinvengono il cadavere del loro creatore e cercano di rianimarlo, con l’aiuto di Peppinino, personaggio plebeo dell’Opra dei pupi catanese. Il regista Elio Gimbo, nella interpretazione dell’Opra dei Pupi e del teatro martogliano, ne ha messo in evidenza l’alta portata culturale, morale e civile”.

“La sensibilità teatrale e umana dei cari amici Nino Bellia ed Elio Gimbo – ribadisce Alessandro Napoli – ha consentito alla Marionettistica dei fratelli Napoli di Catania, attraverso l’allestimento di Sperduti nel buio, di “regolare” il difficile rapporto che i pupari catanesi intrattengono con Nino Martoglio a motivo del famoso (e per loro famigerato) Lu cummattimentu di Orlandu e Rinardu. Il curatore del testo e il regista esplicitano invece l’affetto provato da Martoglio per pupi e pupari, che è lo stesso affetto nutrito per Don Procopio Cicerone e Cicca Stonchiti, i personaggi bandiera del suo sottoproletariato urbano civitoto. In virtù di questo amore, dalla tradizione dell’Opira catanese vengono scelti, per accompagnare i protagonisti di questa necessaria e liberatoria discesa agli inferi, il rigoroso e spietato diavolo filosofo, caro al repertorio cavalleresco fin dall’Astarotte di Luigi Pulci, e – immancabilmente – Peppininu, la maschera del teatro dei pupi: qui egli non solo crea un divertente contrappunto comico basato sulla rivalità di quartieri Civita – Fortino (n. b.: il Fortino è il quartiere da cui proviene tutta la stirpe artigiana dei Napoli), ma, come nelle serate delle peregrinazioni di Buovo d’Antona o in quelle delle pazzie di Orlando, si fa compagno e guida amorevole del protagonista, fino a essere proprio lui la scintilla che gli farà riacquistare la piena consapevolezza di sé”.

 “Catania si ama, si odia, si offende, si ammira, si sporca, si tradisce, si racconta e si canta– spiega Cinzia Caminiti -. A me è stato chiesto di cantarla e di cercare degli “interventi” adatti a questo spettacolo ed io piuttosto che fare ricorso alla mia esperienza di ricercatrice nell’ambito del canto popolare anonimo, mi sono fidata del mio istinto musicale, ho scavato tra i sentimenti, le sensazioni, la storia.
E per questa occasione i brani li ho chiesti in prestito al Frontini, al Maestro Riela, a Mancuso, a Li Causi, autori colti che agirono nella Catania del primo Novecento e insieme a Nino Martoglio la narrarono e la musicarono. L’esecuzione a cappella è anch’essa una scelta voluta.

 Il canto aspro, spogliato di ogni orpello è, in questo caso, azione poetica, è moto dell’animo, è espressione viva, popolaresca e teatrale di una città, ora triste ora ciarliera e caotica, ora elegante a volte volgare, altre volte violenta o splendente. Una città che canta a squarciagola anche per chi non sa o non può farlo. Così che il canto nudo e crudo diventi la voce di tutte le “civite”, di tutte le “Cicca Stonchiti”, i Don Procopio e i “Peppinino” del mondo”.

S H A R E: