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“Il mio nome è Caino” e la fredda analisi di un killer di mafia

“Il mio nome è Caino” e la fredda analisi di un killer di mafia

09.11.2019.

di Elisa Guccione 

Ph Dino Stornello

CATANIA- Carnefice, vittima, spietato killer e allo stesso tempo testimone della guerra tra i Corleonesi e lo Stato ma anche tra gli stessi boss per un regolamento dei conti e decidere a suon di calibro 38 chi deve comandare, morire e continuare a vivere. Questo è il plot narrativo di “Il mio nome è Caino”, testo scritto da Claudio Fava per la regia di Laura Giacobbe, interpretato da Ninni Bruschetta per la prima volta protagonista su un palcoscenico e non regista, accompagnato al pianoforte dalle sapienti note di Cettina Donato.

Un intenso atto unico, prodotto da “Nutrimenti Terrestri” di Maurizio Puglisi, in scena sul palco del Piccolo Teatro fino a domenica 10 novembre per la rassegna dedicata al Teatro Civile, che racconta il passaggio dalla mafia rurale, dei killer a quella politica ed istituzionale  ovvero il percorso, l’escalation della mafia in centocinquanta anni di attività criminale, attraverso gli occhi freddi di un uomo che ha scelto di uccidere per mestiere con normale tranquillità e indifferenza come se fosse un lavoro, ovviamente di prestigio secondo il suo ragionamento, come tanti altri.

L’intensa interpretazione di Bruschetta scava con freddo distacco la logica di un uomo di mafia, che al comando ha preferito l’amministrazione rigorosa della morte con il preciso obiettivo, che non fa mai male, di rinverdire la memoria e porre l’attenzione, a distanza di pochi giorni dalla sentenza della Cassazione  che nel 2019 dichiara che la mafia a Roma non esiste, su come pensa e agisce Cosa Nostra.

Uno spettacolo dalla forte valenza sociale e civile che partendo dalle vicissitudini personali di “Caino”, un uomo dal destino predefinito, denuncia problematiche culturali non solo siciliane ma del nostro Paese mostrando il lato più debole del male fino a decretarne la stessa sconfitta e comprendere come il fenomeno mafioso sia cambiato. La scena è essenziale, i diversi cambi di luce e la posizione  del microfono e della poltrona sistemati nel voler far sembrare in alcuni momenti una dichiarazione di pentimento, che in realtà non esiste, in un’aula di tribunale e le musica di Cettina Donato sostengono il protagonista nel suo racconto di morti ammazzati e di sangue schizzato dal corpo della vittima subito dopo lo sparo per un ottimo esempio di teatro di narrazione, pronto a spiccare il volo verso una tournee nazionale con platee sempre più ampie, dove l’indifferenza e l’assuefazione possono e debbono essere sconfitte solo attraverso una corretta educazione alla legalità e alla giustizia, obiettivo principale di questa messa in scena.

Elisa Guccione

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