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Da Mario Giusti ai nostri giorni Catania difende l’identità culturale del suo Teatro

Da Mario Giusti ai nostri giorni Catania difende l’identità culturale del suo Teatro

13.01.2021.

di Elisa Guccione 

“Non abbassiamo mai l’attenzione, quando c’è da rispondere bisogna farlo, perché tacere è da stupidi. Le autopromozioni servono a poco, soprattutto, quando si vuol fare innovazione senza avere idea dell’imponente patrimonio teatrale catanese e della sua tradizione”. Così Pippo Baudo ex direttore artistico e presidente del Teatro Stabile di Catania reagisce alle ultime dichiarazioni da parte dell’attuale direzione dell’Ente, che utilizzando numerosi stereotipi e banalità definisce i siciliani “estremamente cerimoniosi, chiacchieroni e indolenti“, frase che non fa altro che generare ulteriore malcontento da parte dei sindacati, degli attori e dei lavoratori dello spettacolo i quali non riescono a trovare nessun punto di dialogo con lo Stabile.
“Il teatro catanese nato con Mario Giusti e con la stessa logicità portato avanti dalla direzione di Orazio Torrisi e Pippo Baudo- dichiara Tuccio Musumeci– non esiste più, si sta tentando di cancellare il passato di un teatro troppo pesante da raggiungere ed impossibile da superare”.
Innovare ma senza snaturare unendo passato e futuro, per costruire qualcosa che abbia l’essenza di quello che è stato nel corso degli anni il teatro Stabile unico e riconoscibile a livello internazionale.
Turi Ferro, Michele Abruzzo, Ida Carrara, Mariella Lo Giudice, Romano Bernardi, Giuseppe Di Martino, Tuccio Musumeci, Miko Magistro ed io – continua Pippo Pattavina– abbiamo fatto in modo che Catania avesse una propria peculiarità per un teatro che non si è fermato agli anni 50, come dichiarato in numerose interviste dall’attuale direzione, ma è cresciuto con l’evolversi dei tempi lontano dalle attuali produzioni che hanno poco in comune con la specificità del Tsc”. Della stessa opinione Miko Magistro e Santi Consoli: “Non c’è più nulla che s’identifichi con l’unicità dello Stabile, un teatro in un tempo non troppo lontano abituato a giocare in serie A vincendo per ben tre volte il biglietto d’oro senza dimenticare la collaborazione con i teatri di Milano, Genova e Roma”.
Grande malumore degli attori per la scarsa considerazione subita e vissuta da chi vive di teatro come uno schiaffo in pieno volto.
“Offendere il Tsc nella sua storia e un’intera comunità definita come gente poco incline al lavoro- affermano all’unisono Debora Bernadi, Agostino Zumbo, Filippo Brazzaventre, Vitalba Andrea, Carlo Ferreri, Carmela Buffa Calleo e Rossana Bonafede– fa davvero male soprattutto per chi su quel palcoscenico ha dato l’anima e darsi una risposta a tali dichiarazioni è davvero impossibile”. “Che i padri della cultura come Giusti per Catania e Carriglio per Palermo- aggiungono gli studiosi Santino Mirabella e Roberta Lo Re – dopo certe feltriane dichiarazioni vengano inopinatamente trattati come dei ritardati dai nipoti è davvero desolante oltre che ingiusto”.
Il teatro e l’arte devono unire e non dividere creando arricchimento in un territorio fertile come Catania che può solamente essere un modello da imitare e non da civilizzare. “Certe dichiarazioni pubbliche- concludono Nicola Costa ed Emanuele Puglia– non fanno bene a nessuno e per evitare una frattura con l’intera comunità abbattendo certe etichette tra professionisti sarebbe giusto un colloquio chiarificatore tra artisti, lavoratori dello spettacolo e direzione”.

Elisa Guccione

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