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Crisi di governo, trattativa M5S-Pd va avanti ma non c’è accordo su Di Maio

Crisi di governo, trattativa M5S-Pd va avanti ma non c’è accordo su Di Maio

28.08.2019.

ROMA – Il profilo di Giuseppe Conte, il nodo dei vicepremier, la ripartizione dei ministri anche negli equilibri interni a M5s e Pd, l’ingresso di fichiani e renziani nel governo. Si gioca su più livelli la trattativa per la nascita del governo giallorosso. Il filo diretto tra Nicola Zingaretti e Conte aiuta a sbloccare il dialogo, ma per ora non sembra aver risolto i nodi di fondo. Il Pd starebbe dialogando a distanza anche con Davide Casaleggio e Beppe Grillo, per ottenere da Di Maio quella discontinuità che ad ora, da schemi e nomi, non sembra emergere. Anche se vengono fissati tasselli, come l’incarico di ministro dell’Economia per un esponente Pd di alto profilo o un tecnico di area. Mentre una partita tutta interna ai Dem è quella sulla delegazione renziana: Matteo Renzi avrebbe chiesto tre o quattro ministri, altrimenti resterà fuori da un governo «amico» ma verso il quale serberà mani libere.

Prima di salire al Colle per le consultazioni servirà un nuovo vertice di Di Maio e Conte con Zingaretti e Orlando. Bisogna decidere sui vicepremier, innanzitutto. Il M5s non molla il suo schema: tenere due vice, Luigi Di Maio e per il Pd Andrea Orlando (o, meno probabile, Dario Franceschini), anche per permettere che il premier Conte conservi il profilo “super partes” che finora lo ha contraddistinto. Zingaretti però continua a invocare per Conte un ruolo più politico, da esponente del M5s (e interlocutore del Pd): non cede perciò sulla richiesta di un vicepremier unico (lasciando che Conte scelga per Palazzo Chigi un sottosegretario di sua fiducia). Su questo si tratta in queste ore, per poi sciogliere – a ricasco – tutti gli altri nodi. L’intesa potrebbe portare anche a non indicare alcun vicepremier ma dare al Pd il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Tra i Dem, però, qualcuno sostiene che si possa lasciare a Di Maio il ruolo di vice. Si tratta. Solo dopo aver sciolto questo punto, si traccerà il profilo della squadra di governo. A trattare sarà Conte se, come pare, riceverà l’incarico di formare l’esecutivo. Ma la discussione è già partita. Tra i Dem c’è chi accredita la possibilità che Pd e M5s abbiano pari ministri (voci ne accreditano otto ciascuno, più due tecnici). Ma è più probabile che il Movimento ne abbia qualcuno in più. La priorità per il Pd era evitare che Di Maio andasse al Viminale – uno spauracchio, per alzare la posta – e la smentita di Conte era il segnale atteso per dialogare.

Ora per sostituire Matteo Salvini si accreditano il capo della Polizia Franco Gabrielli (molto sponsorizzato da Renzi) o Raffaele Cantone, mentre se sarà un politico Marco Minniti per il Pd o Alfonso Bonafede per il M5s. L’altro obiettivo a portata dei Dem è ottenere l’economia, per segnare la svolta rispetto alle politiche di Tria: si cita per questo incarico l’eurodeputato Roberto Gualtieri o un profilo più tecnico come Lucrezia Reichlin o Mariana Mazzucato. Ai Dem dovrebbe andare anche il commissario europeo: Paolo Gentiloni (ma per lui si parla soprattutto del ministero degli Esteri) o Graziano Delrio, ma alla fine potrebbe essere indicato anche un profilo più tecnico come Enzo Moavero o Reichlin. M5s punta allo Sviluppo economico, all’Ambiente e alla Giustizia. Di Maio dovrebbe tenere il Lavoro, se sommerà il ruolo di vicepremier, o passare alla Difesa, come vorrebbe. Gli altri nomi di ministri pentastellati sono, negli auspici del M5s, Bonafede, Riccardo Fraccaro, Stefano Patuanelli, Francesco D’Uva, ma dovrebbe esserci anche una delegazione «fichiana» con esponenti come Giuseppe Brescia.

Quanto al Pd, Renzi avrebbe rivendicato una delegazione di peso, avendo «il 70-80%» dei gruppi parlamentari: si fanno i nomi di Ettore Rosato, Teresa Bellanova, Lorenzo Guerini (per la delega ai Servizi). Ma per l’ex segretario – che ha chiesto anche garanzie sul programma – è tutto o niente: se avrà tre ministri i suoi entreranno nel governo, magari lasciando la guida di uno dei due gruppi parlamentari. Altrimenti si terrà le mani libere. Quanto agli altri, si rincorrono le ipotesi, come Gianni Cuperlo alla Cultura, Franceschini ai rapporti con il Parlamento o la Scuola, Maurizio Martina o Francesco Boccia alle Regioni. Ma la partita è lunga. Conte, se incaricato, vorrà dire la sua.

In ogni caso torneranno a incontrarsi domattina alle 8.30, al tavolo per definire il programma di governo, le delegazioni guidate dai capigruppo del M5s Stefano Patuanelli e Francesco D’Uva e del Pd Graziano Delrio e Andrea Marcucci, secondo quanto si apprende da fonti Dem. Al tavolo, come oggi, siederanno per il Pd il coordinatore della segreteria, Andrea Martella, e la vicesegretaria Paola De Micheli.

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