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Al Roots in scena “Vina Fausa. In morte di Attilio Manca”

Al Roots in scena “Vina Fausa. In morte di Attilio Manca”

17.02.2018.

Catania – Terzo appuntamento domenica 25 Febbraio 2018, alle ore 18.30, al “Roots” di Catania, via Giuseppe Borrello 73, con la rassegna “Underground rivers” organizzata da Teatro Argentum Potabile e che privilegia la drammaturgia contemporanea, proponendo testi originali di autori viventi del Sud Italia e di gruppi teatrali indipendenti. In scena  “Vina Fausa. In morte di Attilio Manca” di Simone Corso – Produzione compagnia Santina Porcino, con Francesco Natoli, Michelangelo Maria Zanghì, Simone Corso, regia di Michelangelo Maria Zanghì, costumi ed elementi scenici di Francesca Cannavò, musiche di Chiara Pollicita, assistente alla regia Caterina Sfravara. “Vina Fausa. In morte di Attilio Manca” non è una storia da raccontare, ma piuttosto un insieme di indizi che, messi insieme, indagano su chi siamo stati, chi siamo e chi vorremmo essere. Vina FausaLa vicenda di Attilio Manca, giovane urologo del messinese, morto nel 2004 in circostanze ancora poco chiare, è uno dei tanti piccoli – grandi casi di cronaca che s’intrecciano con gli ultimi vent’anni della nostra Storia. Attilio, brillante medico trentaquattrenne è stato trovato senza vita nel suo appartamento, a Viterbo, dove lavorava presso l’ospedale Belcolle, con due buchi nel braccio sinistro. Overdose si è detto. Suicidio, subito dopo. Ma nonostante la (presunta) verità che è stata accertata nel corso delle indagini e del processo, affiorano fantasmi dalla coscienza che fanno rumore e che ci chiedono altre domande, altre verità. Troppe le cose che non tornano, troppi i sospetti, troppe le coincidenze; troppo sangue per essere un suicidio. Forse, la morte di Attilio, allora, non è solo uno dei tanti casi, ma un tassello di qualcosa di più grande che ha fatto dell’Italia ciò che è oggi, della Storia un mistero, degli italiani di prima dei complici, degli italiani di oggi dei dimentichi. Ma tutto sta in una scelta: bene o male. Non è così netta, non può esserlo, ma può essere una consapevolezza, prima di tutto, prima dell’attesa, prima del non sapere. Sulla sua morte un’ombra nera, nerissima: Bernardo Provenzano.

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