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A trent’anni di distanza Dirty Dancing emoziona e fa sognare come la prima volta

A trent’anni di distanza Dirty Dancing emoziona e fa sognare come la prima volta

03.03.2018.

di Elisa Guccione

CATANIA- I balli proibiti di Baby e Johnny nel trentesimo anniversario dall’uscita di “Dirty Dancing” film cult di Emile Ardolino che tutt’oggi è campione d’incassi nella storia del cinema arrivano a Catania sul palco del Teatro Metropolitan con due date del trionfante tour del musical “Dirty Dancing, the classic story on stage” diretto da Federico Bellone con l’adattamento di Alice Mistroni, le coreografie di Gillian Bruce per Wizard Productions.09423544-0fdd-11e8-a9ce-f6fed5e23abc

L’unico allestimento italiano esportato all’estero con il benestare di Eleanor Bergestein, autrice del film e dello spettacolo. La storia è quella che tutti conosciamo e che per la sua semplicità e immediatezza ha conquistato ieri come oggi intere generazioni. L’incontro magico nell’estate del 63, nel villaggio turistico di Kellerman,  tra la giovanissima e compita Frances Houseman ribelle alle convenzioni sociali che sogna di lavorare alla Fao, interpretata da una brava Sara Santostasi, e il fascinoso maestro di ballo Johnny Castle apparentemente diverso e lontano dal mondo dorato della piccola Baby, impersonato da un eccellente Giuseppe Verzicco, avviene per l’inaspettata gravidanza dell’istruttrice di ballo Penny, una perfetta Federica Capra, che darà il via alla storia d’amore tra i due protagonisti capaci di sfidare le convenzioni di una società chiusa e puritana come quella dell’America agli inizi degli anni 60.getimage

Ottimo l’affiatamento della coppia Verzicco- Santostasi che conquista copiosi applausi in un’accurata ed elegante scena mobile realizzata da Roberto Comotti che ricrea con eleganza insieme all’ottimo apporto del light designer di Valerio Tiberi i luoghi del film. Nella versione teatrale si dà più spazio rispetto a quella cinematografica al rapporto di coppia dei coniugi Houseman, interpretati rispettivamente da Simone Pieroni e Lucia Cammalleri, i quali ricordano per alcuni aspetti il recente remake del film, una naturale licenza a volte necessaria per il passaggio dalla pellicola alle tavole del palcoscenico, un fisiologico cambiamento nella realizzazione, senza snaturarne però il plot narrativo di base. Una differenza con il film la scelta di utilizzare due brani in italiano rispetto al resto delle musiche e dei brani in inglese, un escamotage della regia per dare continuità ai dialoghi in un particolare periodo storico, sottolineato più volte, in cui Martin Luter King si batteva per i diritti degli afroamericani negli Stati Uniti.

Una prova sicuramente non semplice da affrontare che però arriva diritto al cuore toccando l’apice dell’emozione nel momento che tutta la platea aspettava con ansia: l’immortale presa dell’angelo sulle note di “Time of my life” proprio come nel film e nei ricordi indelebili di tutti coloro che inevitabilmente si sono innamorati di quel connubio perfetto di musica, ballo, amore, sesso e vittoria del bene sul male scatenando delle vere e proprie tempeste emotive indipendentemente che si guardi il film o il musical perché “Nessuno può mettere Baby in un angolo”.

Elisa Guccione

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