CATANIA- La crisi dell’uomo moderno imprigionato dalle numerose maschere sociali che sfociano in una frustrante inquietudine esistenziale viene raccontata tra le pagine de “Il Fu Mattia Pascal”, uno dei romanzi più celebri della letteratura italiana che consacrò Luigi Pirandello tra i grandi del Novecento, il cui ottimo adattamento teatrale realizzato da Irene Tetto messo in scena sul palco del teatro Ambasciatori dalla Compagnia “Buio in Sala” esalta, rimanendo fedele al volere dell’autore, l’inquietudine dell’uomo moderno che ritrova nell’umorismo pirandelliano la sua massima declinazione.
L’attenta regia di Giuseppe Bisicchia e Massimo Giustolisi supportata dall’assistenza di Donatella Marù, riporta sapientemente alla luce gli equivoci, la falsità, le simulazioni e le menzogne vissute e narrate in prima persona dal protagonista Mattia Pascal/Adriano Meis, interpretato con particolare coinvolgimento da Marcello Montalto che per i due atti, arricchiti dal visual show di Andrea Ardizzone sulla scenografia di Laura Lazzaro, si presenta al pubblico in sala, generoso negli applausi, come “Fu” descrivendosi come un morto vivente ormai privo, a causa del fortuito incidente, inizialmente accolto come ghiotta occasione e successivamente come carcere della propria esistenza, di quella vita ricca di maschere e priva di contenuto.
Lo strano caso di Mattia Pascal, attorniato da personaggi allegorici e grotteschi interpretati da un affiatato cast composto oltre al già citato Marcello Montalto da Antonio Caruso, Massimo Giustolisi, Nadia Trovato, Irene Tetto, Silvana D’Anca e Giovanna Sesto abili nel dare vita ai diversi personaggi del romanzo, descrive una realtà instabile e relativa, così come instabile e relativa è l’identità degli uomini diventati ormai maschere dove al protagonista dopo aver assecondato la notizia della propria morte ed avere inscenato il suicidio di Adriano Meis non resta che essere quello che era e che aveva rifiutato di vivere ovvero il Fu Mattia Pascal.
La condizione di straniero, di escluso viene magistralmente narrata durante tutto lo spettacolo, che vince la prova di rappresentare correttamente l’aggrovigliato pensiero pirandelliano, messa in evidenza sin dall’incipit iniziale la quale tocca il culmine durante l’incontro con la famiglia abbandonata a causa della presunta morte constatando che la sua presenza assenza nella vita della moglie Romilda, (Irene Tetto), del migliore amico Gerolamo Pomino, (Massimo Giustolisi), ormai uniti nel sacro vincolo del matrimonio con tanto di prole, non interessa a nessuno ed è irreale come la tomba che riporta il suo nome che custodisce i resti di un uomo senza identità proprio come Mattia Pascal, poichè non ha più un posto né nella società né nella memoria di chi credeva che fosse legato a lui per amore e amicizia.